Il “Sentiero Frassati” di Basilicata è un percorso escursionistico di 22 chilometri che, toccando interessanti siti storici, relogiosi e naturalistici, si sviluppa in tutto il territorio di Sasso di Castalda (PZ), caratteristico borgo situato all’interno del Parco Appennino Lucano – Val d’Agri – Lagonegrese ai piedi del gruppo montuoso Arioso – Pierfaone. Il “Sentiero Frassati” di Basilicata è costituito da un anello di 14 chilometri e da una bretella di collegamento al centro storico di 4 chilometri, tenendo conto della memoria storica degli abitanti del paese, che utilizzavano questi sentieri per andare a coltivare i campi, macinare il grano, raccogliere e trasportare legna, produrre carbone o pascolare le mandrie e le greggi, così da valorizzare le antiche vie, spesso dimenticate, che hanno legato l’intera comunità sassese alle sue montagne.
È possibile raggiungere in auto i vari segmenti del sentiero, così da modulare e personalizzare in maniera autonoma il tracciato, dividendolo in diversi tratti, così da essere alla portata di tutti.
FLORA
La zona in cui si snoda il “Sentiero Frassati” di Basilicata si configura, per le sue caratteristiche fisico-ambientali e paesaggistiche, come un territorio ad elevata viabilità ambientale. Il sentiero presenta una vasta diversità di specie botaniche, anche endemiche, condizionate oltre che da differenti ambienti climatici, anche dall’uso della parte dell’uomo del territorio prevalentemente agro-silvo-pastorale. In base alle rilevazioni lungo il “Sentiero Frassati” possiamo notare 5 zone distinte:
Zona di bordura e terreni incolti
È una zona caratterizzata da una vegetazione spontanea che si è sviluppata accanto ai coltivi abbandonati con prevalenza di: calcatreppola ametistina (Eryngium amethystinum L. 1753), calcatreppola campestre (Eryngium campestre L., 1753), caprifoglio (Lonicera periclymenum L., 1753), cardo dei lanaioli (Dipsacus sylvestris Huds., 1762), centauro maggiore (Centaurium erythraea Rafn., 1800), fiordaliso giallo (Centaurea solstitislis L., 1753), sonaglino (Briza media L., 1753), romice (Rumex obtusifolius L., 1753), viperina maggiore (Echium italicumL., 1753), ecc;
Zona dei pascoli montani
È una zona caratterizzata da una vegetazione arbustiva ed arborea costituita da: biancospini (Crataegus monogyna Jacq.), carpino nero (Ostrya carpinifoliaScop., 1772), castagni selvatici (Castanea sativa Mill., 1768), cerro (Quercus cerris L., 1753), melastri (Malus sylvestris (L.) Mill.), perastri (Pyrus cummunis (L.) subsp. Pyraster (L.) Ehrh.), prugnoli (Prunus spinosa L., 1753), rosa canina (Rosa canina L, 1753) e specie erbacee rustiche ed appetite dagli animali al pascolo: cisto rosso (cistus creticus L., 1762), elicriso (Helichrysum italicum G.Don. 1830), iperico
(Hypericum L.1753), timo (Thymus serpyllum), ecc;
Zona umida dei valloni
È una zona dove domina una vegetazione molto rigogliosa che vive nelle prossimità di fitti fossi boschivi e in terreni umidi: coda cavallina (Equisetum arvense L., 1753), elleboro (Helleborus foetidus L., 1753), erba galletta (Lathyrus pratensis L., 1753), farfaraccio (Petasites hybridus L., 1753), lampone (Rubus idaeus L., 1753), rovo (Rubus ulmifolius Schott, 1818), ecc;
Zona della faggeta
È la zona dove predomina il faggio (Fagus sylvatica L,1753) che parte dall’area del bosco della Costara e località San Michele con una splendida faggeta pura, fino ad arrivare a Serra Giumenta e Monte Arioso, individuato come zona SIC (Sito di Interesse Comunitario). Le faggete vengono distinte in due tipi in base all’altimetria: l’Aquiflium –Fagetum, contraddistinto dalla transizione con boschi submontani a prevalenza di querce (Quercus cerris L., 1753) e agrifogli (Ilex aquifolium L.) in zone più basse come la Costara, mentre ad altitudini maggiori, quindi verso
Fossa Cupa e Serra Giumenta, la faggeta si contraddistingue per l’associazione Aceri lobelii – Fagetum caratterizzato dalla presenza dell’acero lobelii (Acer cappadocicum subsp. lobelii Kalmia, 1982) endemico dell’Appennino centro – meridionale.
Zona dei rimboschimenti
Nei pressi del rifugio Madonna del Sasso sono presenti rimboschimenti di abete bianco (Abies alba Mill., 1768) e di pino nero (Pinus nigra J. F. Arnold 1785), impiantati negli anni ’50.
FAUNA
Il “Sentiero Frassati” di Basilicata attraversa un territorio molto interessante dal punto di vista botanico e faunistico. La presenza, inoltre, di un esteso sito di importanza comunitaria (SIC): il massiccio dell’Arioso testimonia la biodiversità del patrimonio ambientale presente nel territorio di Sasso di Castalda. All’inizio del percorso, in prossimità del centro storico, si trova l’area faunistica del cervo (Cervus elaphus L., 1758), realizzata nel 2001 con lo scopo di consentire agli amanti della natura e ai turisti di avvistare gli animali in condizioni simili a quelle naturali e quello di fornire esemplari per progetti di reintroduzione. Di grande interesse è la presenza del nibbio reale (Milvus milvus L., 1758) che nidifica in querceti ed ambienti aperti, tipici della prima parte del sentiero. Spesso si vedono anche librare in cielo i rapaci diurni come la poiana (Buteo buteo L., 1758) e si sentono all’imbrunire i versi di rapaci notturni come il gufo comune (Asio otus L.,1758). Nelle zone umide del torrente San Michele si possono incontrare la ghiandaia (Garrulus glandarius L., 1758), l’upupa (Upupa epos L.,1758) e la gazza (Pica pica L., 1758) e tra i ceppi marcescenti la salamandra pezzata (Salamandra salamandra L., 1758) e la rara salamandrina dagli occhiali (Salamandrina terdigitata B., 1789). Nella faggeta della Costara è facile ascoltare il suono ritmico prodotto dal picchio verde (Picus viridis L. 1758) che lascia fori rotondi negli alberi morti che facili da scavare con il becco per cercare cibo o costruire un nido. Gli ambienti di tutto il sentiero ospitano il lupo (Canis lupus L.,1758), il più grande predatore all’apice della catena alimentare, il cervo) il cui ripopolamento è iniziato nei primi anni 2000, mentre tra le specie più comuni troviamo il tasso (Meles meles L., 1758), la volpe (Vulpes vulpes L., 1758), la faina (Martes foina Erxleben, 1777).
Possiamo dividere quindi il tracciato in diversi tratti:
“Le vie della pietà”
Il “Sentiero Frassati” di Basilicata parte visitando il centro storico di Sasso di Castalda, che in ogni angolo riserva memorie di una religiosità semplice e antica, dalle chiese principali del patrono San Rocco e dell’Immacolata, alle numerose cappelle tra cui quella della Pietà e della Madonna delle Grazie. Oltre alle chiese ci sono diversi palazzi storici come il Palazzo De Luca, il Palazzo Ventre, il Palazzo Langone e aree storiche come l’Hortus Conclusus e luoghi nuovi come la Terrazza del Bacio, la Terrazza IJT (Indicazione Jazzistica Tipica) e lo Sky Walk (la piattaforma di vetro all’arrivo dell’importante attrazione “Ponte alla Luna”).
“La via del grano”
Risalite le viuzze del centro storico, ci immettiamo su quella che un tempo era la principale via di collegamento tra il paese e la montagna. All’altezza del Calvario scorgiamo sulla sinistra un’ampia collina che dal 2001 ospita l’oasi faunistica del cervo. Un tempo, nei mesi di luglio ed agosto, quest’area veniva utilizzata come aia: i covoni di grano già mietuti (gregne) venivano sciolti e disseminati sull’aia e con l’ausilio di una grossa pietra trainata da buoi venivano separati il grano e dalla paglia. Dopo questa procedura avveniva la “ventilazione del grano” che con l’aiuto del vento faceva avvenire la definitiva separazione del grano dalla paglia. Il grano veniva raccolto in sacchi di 50 chili che, periodicamente, venivano portati al Mulino del Conte, che utilizzava l’acqua del torrente San Michele per macinare il grano e farne farina. Lo stesso tracciato che anticamente facevano gli abitanti di Sasso di Castalda per portare il grano al mulino, viene ripercorso dal “Sentiero Frassati” di Basilicata. Attualmente del Mulino del Conte restano solo dei ruderi, ma si può notare la pietra del mulino (mola) e il condotto tronco – conico del mulino (saetta) dal quale l’acqua affluiva investendo le pale della ruota in legno: creavano energia cinetica che faceva girare la pietra del mulino che schiacciava i chicchi di grano e ne faceva farina.
“La via dell’acqua”
Dopo aver raggiunto la parte alta dei ruderi del mulino, proseguiamo il cammino lungo il torrente San Michele che attraversiamo grazie ad un ponticello tra farfaracci giganti. All’incrocio, arrivati all’asfalto, finisce la bretella che collega l’anello del “Sentiero Frassati” di Basilicata al centro storico. Percorrendo il sentiero lungo il torrente San Michele, si arriva alle costruzioni dell’acquedotto pugliese che già dagli anni 20 conduce l’acqua potabile ai comuni di Sasso di Castalda e Brienza. Qui, in corrispondenza della sorgente San Michele (in perfetto ossequio al culto micaelico), fu realizzata la cappella dedicata al santo.
“La via dei pastori”
Dopo aver fatto scorta di freschissima ed ottima acqua alla fontana di San Michele, poco distante dalla cappella, ci si dirige verso destra seguendo un fosso e, arrivati ad un cancelletto in legno sulla sinistra, si dovrà iniziare la salita lungo un sentierino stretto e abbarbicato sul crinale. Terminato il sentiero esposto al sole, si raggiunge un tratto all’ombra dei faggi fino a raggiungere la località Madonna del Sasso dove si nota il rifugio denominato allo stesso modo.
“La via dei boschi”
Attraversata la strada asfaltata nelle vicinanza dell’edicola votiva alla madonna d’Oropa, ci si dirige verso sinistra in un rimboschimento di pini e abeti fino a raggiungere la Fontana di Fossa Cupa, una delle migliori acque della Basilicata e che disseta la città di Potenza. Da qui parte un tratto in salita che ci conduce verso Serra Giumenta e Monte Arioso. Un lungo tratto di tornanti ben sistemati con pietre a secco che furono costruiti per l’insediamento del rimboschimento. Arrivati a quota 1500 ci si addentra in un bosco di faggi che diventa sempre più fitto e ricco di esemplari secolari. Saliamo ancora, a quota 1700, sfiorando gli impianti sciistici del comprensorio Sellata – Pierfaone. Seguendo una cresta stretta giungiamo alla cima di Monte Arioso (1709m).
“La via delle nevi”
Attraversata la panoramicissima cresta di Monte Arioso, dove lo sguardo riesce a scorgere il monte Volturino (Marsicovetere) Monte Sirino (Lagonegro), Cervati e alburni nella vicina Campania, ci addentriamo in discesa nel bel bosco di faggi, intersecando altre piste da sci ed impianti di risalita. Dopo aver brevemente costeggiato la strada asfaltata che da Sasso conduce agli impianti sciistici, girando a sinistra si arriva all’incrocio di Tempa d’Albano. Da questo punto, a soli 200 m, si può raggiungere il Belvedere delle Scaledde.
“La via dell’aria”
Dopo una sosta ristoratrice alle panchine del Belvedere delle Scaledde e aver ammirato l’affascinante panorama che si può ammirare da questo luogo, si ritorna all’incrocio di Tempa d’Albano per poi prendere il sentiero in discesa che ci conduce all’ombra di faggi, all’altopiano della Cerasola. Scendendo verso sinistra all’altopiano, ci si dirige verso la Fontana della Cerasola. Continuando per il sentiero stretto e soleggiato, ci si immette verso destra nella faggeta della Costara, fino ad arrivare, sempre in discesa, all’area pic nic della Costara dove si trova l’incrocio a destra per andare verso il Faggio di San Michele, albero padre di Basilicata. Continuando, invece, diritti si arriva al rifugio della Costara, una struttura che gestisce l’area pic nic nel bosco, con possibilità di ristorazione.
“La via del Faggio di San Michele”
Nel meraviglioso bosco della Costara è possibile ammirare gli esemplari più belli e vetusti di faggio della regione. Il sentiero ci conduce, mantenendo sempre la destra, al Faggio di San Michele, uno degli “alberi padri” della Basilicata, tutelato con legge regionale. Una comoda panchina posta ai piedi del Faggio ci invita a contemplarlo e trascorrere del tempo al suo cospetto, oltre che a leggere la sua storia e la sua leggenda su un cartello posto ai suoi piedi. Riprendendo il sentiero, sarà necessario scendere verso destra tramite
una ripida discesa che ci conduce al torrente San Michele, quello incontrato nella prima parte del sentiero: è qui il punto esatto della chiusura dell’anello escursionistico, proprio nelle vicinanze della cappella di San Michele.
